Cuadrado vuole vincere lo scudetto
31 marzo 2018
di Jacopo Azzolini
Difficile dire se la priorità fosse quella di limitare Suso o se, più in generale, lo scopo di Allegri fosse quello di fare rotazione sia in vista del Real Madrid, sia considerando lo stop per la Nazionale. Quel che è certo è che il 352 della Juventus ha funzionato ben poco nel primo tempo, proprio come avvenuto nelle ultime volte in cui era stato proposto, risultando piuttosto limitante per quanto riguarda la creazione del gioco.
La principale asimmetria dell’ennesimo ibrido allegriano ha riguardato la posizione di Dybala: se Asamoah faceva chiaramente l’esterno, la Joya partiva da una posizione molto larga per i propri standard, con Lichtsteiner che di contro agiva piuttosto alto. Forse Allegri voleva sfruttare i cambi di campo sul lato debole, visto che Suso non sempre è preciso nel ripiegamento. In realtà si è però visto ben poco di riuscito, con una manovra prevedibile e ingolfata: Pjanic è uno di quelli in difficoltà più evidenti, col bosniaco che forse si trova in uno dei momenti più opachi da quando veste la casacca juventina (va detto che le colpe non sono esclusivamente sue).
E dire che, col gol di Dybala quasi in avvio, la gara pareva essersi messa in binari che, per lo meno contro squadre italiane, rimangono di assoluta comfort zone. La rete, tutt’altro che casuale, riguarda proprio una delle situazioni tattiche che il Milan soffre molto, ossia lo spazio ai lati di Biglia. Con Kessie alzatosi per andare a contrastare Pjanic, si è formato troppo spazio tra l’argentino e Bonaventura: l’ex Lazio si è fatto attrarre da Khedira, liberando così una ricezione pulita per Dybala. Il primo gol di Higuain all’andata, tra l’altro, aveva seguito una dinamica molto simile.
Tuttavia, la reazione rossonera fotografa al meglio la bontà del lavoro compiuto fin qui da Gattuso, col Milan che è tutt’altra squadra rispetto a quella che aveva malamente iniziato la stagione. Gli ospiti non si sono fatti prendere dal panico, dimostrando anzi precisione e lucidità nel controllo del possesso, sia in costruzione bassa che nell’attaccare una difesa schierata. Generoso il lavoro compiuto da ali e terzini, bravi soprattutto ad accompagnare l’azione con rapidità nei frangenti in cui il Milan risaliva il campo.
Dopo il pareggio di Bonucci, il Milan ha potuto attaccare con ancora più facilità, visto che la Juve ha confermato la tendenza ad allungarsi tipica di tutta la stagione: recuperata palla, il Diavolo aveva idee chiare su come contrattaccare sfruttando, soprattutto nella ripresa, il lato sinistro del campo, dove Calhanoglu – approfittando di un Costa alto e di un Khedira fin lì nefasto – ha potuto puntare più volte Barzagli. Pessimo, ancora una volta, lo scaglionamento difensivo del centrocampo bianconero.
Alla fine, però, la classe degli interpreti si è fatta sentire. E ha deciso ancora una volta la gara. Per quanto fin lì il 4231 offensivo non stesse offrendo molto e non riuscisse a servire le ali in situazioni dinamiche, non appena il Milan è calato (significativa, prima del gol di Cuadrado, il modo in cui Calhanoglu ha perso palla) la Juve è riuscita a risolvere l’ennesima gara complicata, sfruttando il talento dei giocatori entrati. Decisivo Douglas Costa in particolare, che in entrambe le reti (partendo da fermo!) ha servito due palloni da stropicciarsi gli occhi. Insomma, i bianconeri sono maestri nel vincere gare di questo tipo.
La gara con cui la Juve (probabilmente) ipoteca il campionato è un bel sunto di pregi, difetti e potenzialità della Vecchia Signora 2017-2018. Essendo Allegri uno che di solito aspetta molto prima di fare modifiche, è rilevante osservare come, in questo momento della stagione, sia passato a quel 4231 già al 60′ (con Costa entrato al 45′). E, in vista del Madrid, è un segnale tutt’altro che secondario. Quasi più di un Khedira risorto nell’attimo più buio e di un Cuadrado rientrato per fare la differenza nella parte più propizia dell’anno.
Juventibus