Europei, la storia: dal 1960 ad oggi, tra clamorose vittorie e beffe finali La storia della competizione che incorona la regina d’Europa da 56 anni: dall’Italia campione del ’68 al miracolo danese, passando per l’Olanda di Van Basten.
10 ore fa di Francesco Bizzarri
Un Europeo è più duro di un Mondiale. Sono tanti a sostenere questa teoria calcistica. Nel Vecchio Continente su 24 squadre partecipanti, la metà pensa di poter arrivare fino in fondo e provare ad alzare il trofeo. La concorrenza tra corazzate aumenta: Francia, Svizzera, Inghilterra, Russia, Germania, Spagna, Repubblica Ceca, Croazia, Turchia, Italia, Belgio e Portogallo, tutte con grandi ambizioni pronte a darsi battaglia. In una Coppa del Mondo invece, c’è la seria possibilità di trovare formazioni meno blasonate e più facili da affrontare. Anche per il principio che in uno stesso girone non possono stare più di due squadre europee. Ecco perché Euro 2016, la 15esima edizione dei campionati di calcio europei che partirà dal 10 giugno in Francia, catalizza sempre grande attenzione.
La storia
C’è un signore francese, tale Henry Delaunay, che negli anni ’50 è il segretario della Federazione calcistica europea. Sta per promuovere un torneo subito dopo il secondo conflitto mondiale: che si giochi un Europeo tra le varie nazioni del continente, con lo stimolo (e anche un po’ di presunzione) di provare a distendere gli animi nell’era della Guerra Fredda. Nel 1958 si inizia con le qualificazioni, ovviamente nel 1960 (data del primo Campionato Europeo), si gioca in Francia. Delaunay è scomparso, la sua creazione va avanti con intoppi e problemi. Ad esempio la prima edizione è boicottata da tante squadre, su tutte la Germania Ovest, la Scozia, l’Inghilterra e pure l’Italia.
La competizione però serve ad aprire clamorosamente le porte dell’Europa ad est: vince l’Unione Sovietica, sul podio ci finiscono Jugoslavia e Cecoslovacchia. Si chiude con successo una manifestazione che all’inizio aveva destato scetticismo: ora c’è solo curiosità per le edizioni successive. Cara Italia
Per vedere gli Azzurri giocare il loro primo Europeo bisogna andare al 1968. In Spagna, quattro anni prima, la squadra del ct Fabbri non è riuscita a qualificarsi alla fase finale. Ora si corre in casa, l’Italia è nel pieno boom economico, in panchina c’è Ferruccio Valcareggi, in campo tanti campioni. Gianni Brera racconta un calcio in bianco e nero parlando di Riva, Facchetti, Mazzola e Zoff. A Napoli, in uno stadio San Paolo tutto esaurito, c’è la semifinale contro l’URSS da giocare. Novanta minuti più i supplementari non bastano, i calci di rigore non sono contemplati. Ecco il calcio di una volta: i due capitani Facchetti e Scesternev scendono negli spogliatoi insieme all’arbitro, la moneta deciderà chi andrà in finale. La fortuna stringe la mano all’Italia, il San Paolo è una bolgia.
Prima ed unica gioia
A Roma arriva la Jugoslavia, un match che finisce di nuovo in pareggio. Ma questa è una finale, niente testa o croce, dopo due giorni si gioca ancora. Zio Uccio manda in campo Riva-Anastasi, una scelta a dir poco azzeccata. Un gol a testa ed ecco il trionfo, l’Italia è sul trono d’Europa. Gli Azzurri arrivano al cuore della gente, Valcareggi ha ridato dignità ad una nazione che appena due anni prima era stata calcisticamente umiliata nel Mondiale inglese da un dentista nordcoreano. Nella successiva Coppa del Mondo in Messico poi, nel 1970, il ct porta i suoi ragazzi in finale. Solo il Brasile di Pelè con un sonoro 4-1 rovina i sogni di uno dei personaggi più amati del calcio nostrano.
Il cammino nella storia dell’Europeo per l’Italia non è brillantissimo. Tra mancate qualificazioni ed uscite al primo turno, sono più le delusioni che le gioie. Eppure nel 2000 la squadra allenata da Dino Zoff sembra la favorita: Cannavaro, Maldini, Nesta, Del Piero, Totti e altri fenomeni di quella generazione arrivano in finale dove c’è la Francia mondiale del ’98. Delvecchio porta avanti i suoi, nei minuti di recupero la rete di Wiltord regala ai Galletti la possibilità di giocarsi il tutto ai supplementari. Dopo 8’ il golden gol di Trezeguet vale l’Europeo e condanna l’Italia.
Nel 2012 in Polonia ed Ucraina, Cesare Prandelli riporta la nazionale del Bel Paese ad alti livelli. Dopo aver sconfitto 2-0 la Germania in semifinale, nell'atto conclusiva ecco la furia rossa della Spagna. Un 4-0 senza diritto di replica, l’Italia si arrende (ancora) contro una delle squadre più forti della storia del calcio.
Sbocciano i tulipani
Ah l’Olanda, l’eterna incompiuta. Anni prima nemmeno la classe di Johan Cruijff e la potenza dell’Arancia Meccanica erano servite a trionfare in giro per l’Europa e per il mondo. Ad Euro ’88 in Germania, Rinus Michels rimette a punto il suo calcio totale contando su un’altra generazione di fenomeni: in difesa può contare su Koeman e Rjikard, davanti su Gullit e Van Basten. In finale tocca a loro contro l’URSS. Gli orange non lasciano scampo, prima Gullit poi una prodezza del Cigno di Utrecht regalano l’unico successo della sua storia all’Olanda. Per dire, quest'anno Robben e compagni non si sono nemmeno qualificati.
Le sorprese
Il calcio è strano. Ad Euro ’92 la Jugoslavia, dilaniata dalla guerra dei Balcani, è fuori, al suo posto viene chiamata la Danimarca. I danesi sono già in vacanza, l’allenatore Moller-Nielsen è impegnato a ristrutturare la sua abitazione, Laudrup critica la scelta e nemmeno parte. Senza il suo giocatore più importante, sembra quasi una gita fuori porta nella vicina Svezia. Eppure la storia diventa favola, con un clamoroso accesso in finale contro la Germania. La cenerentola Danimarca vince in maniera incredibile portandosi a casa un successo insperato. Tra i pali di quella selezione c'era Peter Schmeichel, padre di Kasper, neo campione d'Inghilterra con il Leicester di Ranieri.
Una storia simile è accaduta anche in Portogallo nel 2004: la Grecia, una delle squadre meno favorite del torneo, a forza di 1-0 (2 consecutivi) arriva in finale contro i padroni di casa. Il risultato? Sì, 1-0. Un gol di Charisteas al 57’ regala la gioia più grande ad una nazionale capitata lì quasi per caso. Tra grandi e piccole squadre, la parola Europeo è sempre stata sinonimo di sorpresa, colpo di scena, emozione. Quest’anno a chi tocca?