Il Salotto Bianconero

Calciopoli. Revival, cose vere e supposte, Speciale Uccellinodidelpiero.com

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PAG Posted on 29/6/2011, 08:31     +1   -1
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..ma chi vi si incula..

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(di Mauro Vandali)

Alla fine il procuratore Palazzi ce la farà. È questa la sensazione che si ricava al termine dell’udienza per la radiazione di Luciano Moggi andata in scena ieri all’Hotel Parco dei Principi di Roma. Alla fine di questa estenuante maratona rimane la sensazione che le tesi difensive, brillantemente argomentate ed ottimamente sviluppate da cinque avvocati al seguito del radiando, resteranno un grido inascoltato di giustizia. Argomentazioni sostenute da fatti, date, orari. Prove, insomma. Non rapporti parziali dei carabinieri, non le dichiarazioni contraddittorie di testimoni d’accusa fin troppo spesso più utili alle difese per non destare qualche legittimo sospetto sulla tanto sbandierata solidità dell’impianto accusatorio.

Dicevo, si ha la sensazione che tutto ciò non sarà sufficiente a scalfire le convinzioni della commissione disciplinare, chiamata ad esprimersi sulla proposta di radiazione nei confronti di Luciano Moggi. Si percepisce un senso di impotenza di fronte quelle “armi di distrazione di massa” (cit.) a disposizione degli organi di informazione garantisti a targhe alterne e a seconda dell’interessato.

In questi giorni, in coincidenza dello scoppio di quello che qualcuno si è affrettato a ribattezzare “Calciopoli 2”, si sprecano i paragoni tra l’attuale scandalo e quello del 2006. In non poche occasioni, ahimé, nonostante il tempo goduto per rimettersi al passo con il copioso e variegato materiale probatorio che trascina anche gli insospettabili del 2006 nel pantano di calciopoli, autorevoli giornalisti danno prova di assoluta ignoranza circa i fatti che con troppa disinvoltura elevano a termine di paragone del nuovo caso di calcio scommesse. Quanto volte siamo stati costretti a leggere, oggi, maggio 2011, di Paparesta sequestrato negli spogliatoi del Granillo. Imbarazzante, inammissibile.

Anche i nostri professionisti della carta stampata sembrano afflitti dal batterio killer che blocca il tempo denunciato dall’Avv. Prioreschi all’inizio del suo intervento di ieri. Forse è per pura pigrizia o per conformismo che nei loro articoli seguitano ad affermare le accuse del 2006 pedissequamente ricopiate dai rapporti dei carabinieri (a loro volta pedissequamente ripresi dalla Gazzetta dello Sport).

Mai come oggi, al cospetto di quanto è venuto fuori dal vaso di pandora del processo di Napoli che è lì, sotto gli occhi di tutti, invisibile solo agli occhi di chi non vuole vedere, appare velleitario, illusorio auspicarsi un approccio a calciopoli diverso da quello dei primi giorni di maggio del 2006. Del resto non sono molti i professionisti in grado di ostentare indipendenza e autonomia di giudizio. Sono ancora pochi gli Olivero Beha, tanto per il gusto fare un nome, di additare per una volta un esempio positivo,.

Le prove che nel 2006 sostenevano le accuse nei confronti di Moggi e dei suoi accoliti sono le stesse su cui gli accusatori fondano oggi le loro richieste, le loro censure, i loro articoli sempre meno ispirati dalla esigenza di informare, sempre più inclini all’offesa personale. In cinque anni nessuno sviluppo, nessun progresso, nessun testimone, nessuna pistola fumante … nessuna prova. Nonostante un processo penale e nonostante due anni di dibattimento in cui l’accusa prometteva fuoco e fiamme.

Dal 2006 ad oggi il mondo è andato avanti. Una crisi finanziaria ha messo in ginocchio le economie di mezzo mondo, gli americani hanno dato prova di coraggio e anticonformismo eleggendo un presidente nero e, storia degli ultimi giorni, anche Osama Bin Laden la primula rossa del terrorismo islamico, è stato fatto fuori. Però, per loro, per i pm di Napoli, per il procuratore federale e per i loro fans più scatenati nelle redazioni, il tempo non sembra essere passato.

Più che dal batterio killer che blocca il tempo, si direbbe che siano tutti investiti da una gran voglia di revival. Tanta voglia di 2006, di quella estate indimenticabile che in poco meno di due mesi trasformò in realtà i sogni più inconfessabili di mezza Italia. L’odiata Juventus, quella che ruba, quella che tutti sanno che ruba da quando è nata, che sotto la guida della “triade” si è tramutata in un essere ingordo di successi, quella “Juventus di merda”, insomma, se ne va finalmente “fuori dalle balle” (tanto per affidarci ad un’altra espressione che nel 2006 nessuno avrebbe avuto l’ardire di introdurre nel vocabolario politico).

Evviva il revival quindi. Non toccate il 2006 ai nostalgici di quella estate magica. I rivoluzionari del calcio la ricorderanno come i rivoluzionari della politica ricordano e incensano il 68. Sarebbe come toccare a Gianni Minà i “favolosi anni sessanta”.

In tema di revival e di “favolosi anni sessanta”, mi viene in mente un film – Totò, Peppino e la dolce vita – che si divertiva a prendere in giro le stravaganze, la follia e gli eccessi di quegli anni. Nella scena della seduta spiritica la medium, rivolgendosi ai due strampalati adepti al paranormale affermava“La verità non fa male. È l’incertezza, il dubbio che tormenta l’anima”, quindi rivolgeva loro la fatidica domanda: “Nella vita come nella morte ci sono le cose vere e le cose supposte. Le cose vere le mettiamo da una parte, ma le supposte, le supposte dove le mettiamo?”

È dal 2006 che qualche milionata di juventini ha la sensazione di aver intuito la risposta.
 
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