| CITAZIONE GdS: "Umile, spietato, crudele. Il corto muso come stile di vita. Vittorie di misura, magari grazie a un cambio nel finale, generalmente dopo una partita brutta..."
Juve-Fiorentina 1-0 è la partita simbolo di quello che gli anti-allegriani non sopportano: Max ha vinto alla fine, con la giocata di un campione, dopo aver attaccato poco e subito meno. Non solo: ha cambiato la partita con una sostituzione, piuttosto scontata ma vincente. Tutto come ai bei tempi, quando ci si divideva tra critici ed estimatori. E allora, questo Juve-Fiorentina entra di diritto nella collana dei corto muso d’autore, facendo venir voglia di catalogarli e definirli. Dicasi “corto muso” una vittoria con un gol di scarto, meglio se arrivata alla fine di una partita brutta, comunque ottenuta con umiltà (non ci si butta avanti), saggezza (non si rischia nulla), e ampio cinismo. Come ha esordito Max con la Juve? A Verona, col Chievo, con un 1-0 su autorete. Più corto muso di così... Sì, ma chi ha fatto ’autogol? Cristiano Biraghi. Controllate chi ha deviato il tiro di Cuadrado sabato. Allegri ha vinto un paio di scudetti di corto muso. Il 3-2 a San Siro con l’Inter però fu pirotecnico. L’1-0 sul Napoli del 2016 è molto più in linea: gol di Zaza, dalla panchina. Puro Max. Allegri tende al catenaccio? Mah. Di sicuro nel 2018 ha vinto un derby senza punte: aveva solo Higuain, che si infortunò. Giocò con Alex Sandro ala e lui, Alex, gli vinse una partita brutta, a ritmo controllato, deviando in area in stile Pipita.
Gli altri A scelta, antologia del corto muso. Gli 1-0 a Milan (Tevez) e Samp (Vidal) nel 2014- 15. Dybala alla Roma e alla Lazio, per par condicio. Sempre Dybala a Bologna, otto minuti dopo essere entrato. Locatelli nel derby, un mese fa. Morata al Milan, ai supplementari in Coppa Italia. A ognuno il preferito, ma si sappia che Allegri ha vinto 86 volte con un gol di scarto, 46 per 1-0: primo cortomusista nella storia della Juve, quarto per percentuale (30%) sulle partite giocate. Più di lui Bigatto, Capello e... Sarri. La vita è strana e le etichette sopravvalutate.
La Gazzetta dello Sport CITAZIONE La Stampa: "Soulè chiude con un gol da tre punti 7 giorni d’oro. Ieri, contro il Lecco, ha coronato una settimana storta dal punto di vista dei risultati con un gol pesantissimo"
È la sua settimana. Matías Soulé Malvano, classe 2003, mercoledì ha ricevuto la notizia che ti cambia la carriera: la prima convocazione in nazionale maggiore con l’Argentina. Al fianco di Messi, Dybala, Di Maria e tanti altri, per le sfide contro Uruguay e Brasile di qualificazione ai Mondiali. Ieri, contro il Lecco, ha coronato una settimana storta dal punto di vista dei risultati con un gol partita pesantissimo in Serie C. La sua Under 23 ringrazia prima di salutarlo, anche se la vittoria è più che mai di gruppo. Perché i tre punti mancavano da 21 giorni, perché le ultime due uscite erano stati due ko contro il Sudtirol in campionato e in Coppa, perché i meriti di un gruppo in cui tutti sono nati oltre il Millenium Bug vanno divisi almeno per 15 (tanti hanno giocato ieri). I più anziani erano proprio i classe 2000 Israel, portiere al ritorno tra i pali dopo un infortunio, capitan Anzolin e Nicolussi Caviglia, anche lui ritrovato dopo un lungo stop. La copertina l’ha presa ancora Soulé, questa volta non grazie al ct Scaloni ma per meriti tutti suoi: palla ricevuta al limite dell’area da Sersanti, poi il tempo di prendere la mira e calciare a giro con il suo sinistro a fil di palo. Pissardo si allunga, ma non ci può arrivare. La Juve va sull’1-0 al 43’ e resiste fino al triplice fischio. «Una vittoria importantissima, arriva dopo la doppia sfida di Bolzano e ci serviva una reazione di questo tipo, da parte di tutto il collettivo» dichiara Zauli parlando di tutti prima di coccolarsi Soulé: «è un ragazzo che si allena e gioca con grande umiltà. La sua crescita è stata esponenziale, già a partire dall’anno scorso in Primavera. E sono sicuro che la chiamata ricevuta dall’Argentina sarà un altro step importante per il suo percorso di crescita». Soulé, ora, va incontro alla sfida più difficile coi big della Seléccion.
La Stampa CITAZIONE La Stampa - Camoranesi: “Juve credici, la squadra c’è, può ancora inseguire lo scudetto. Se a gennaio si troveranno a sei o sette punti dalla prima, nulla è precluso”
Quella coda metà argentina e metà italiana che galoppa sulla fascia azzurra del Mondiale 2006 nessuno se la può dimenticare. Perché arriva da lontano, da Tandil, centosessanta chilometri da Mar del Plata e perché lontano ha portato il calcio bianconero e azzurro. Mauro German Camoranesi, l’oriundo principe del pallone tricolore, nel suo lungo girovagare per il mondo da giocatore e da mister ritorna nei luoghi che con la Juve gli hanno dato tanto e plana alle 18 in via Confalonieri a Moncalieri per un incontro rivolto ai giovani e tutti gli amanti del calcio organizzato da La Cruz portieri di Willy Vignati. «La Juve – racconta Camoranesi – è stata una tappa fondamentale della mia esperienza calcistica. Quest’anno è partita male, e mi dispiace moltissimo: dopo la lunga esperienza con Allegri sono stati abbandonati presto i progetti Sarri e Pirlo e si è voluto tornare al passato con risultati per ora non ottimali. La squadra però è competitiva, devono stringersi tutti insieme nello spogliatoio attorno al mister perché le difficoltà non si superano mai da soli. I risultati in Champions ci sono, in campionato bisogna resistere perché, ne sono certo, se a gennaio i bianconeri si ritroveranno a sei o sette punti dalla prima, nulla è precluso, neppure lo scudetto» E di gruppi Camoranesi se ne intende perché nella sua Juve e in azzurro una forza era proprio l’unità dello spogliatoio: «In questi giorni ho rivisto con grandissimo piacere Andrea Pirlo e Fabio Grosso, con Jonathan Zebina mi sento spesso al pari di Sebastian Giovinco. E poi c’è David Trezeguet, un vero amico. Per costruire qualcosa di importante la Juve di oggi dovrebbe fare come la nostra: forse non avevamo la rosa migliore ma grande umiltà e spirito di sacrificio, ci mettevamo a disposizione degli altri senza protagonismi. Degli otto anni in bianconero la vittoria più bella era sentirsi importante per compagni e società, alla fine della stagione avvertire la fiducia dell’ambiente nel momento della riconferma».
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