| CITAZIONE GdS: "Sarri, un tricolore da record. Campione a 61 anni. Ora insegue un sogno, la Champions. Intanto questo scudetto è tutto suo: un anno dopo l’Europa League"
Sul Sarri allenatore circolano tantissimi aneddoti legati alla scaramanzia ma nessuno riferito al 17. Di sicuro non gli ha portato sfortuna, perché 17 anni dopo il primo titolo da allenatore è arrivata la prima volta tricolore, sogno accarezzato al Napoli e coronato con la Juventus. Era il 2003, Sarri aveva appena lasciato il lavoro in banca per dedicarsi solo al calcio e all’ultimo anno con la Sansovino conquistò la Coppa Italia di D. «M’incazzo quando sento dire che non ho vinto niente in Italia», ha sempre rivendicato con orgoglio. Adesso nessuno potrà più rinfacciarglielo, perché a 61 anni e dopo una gavetta infinita, è diventato l’allenatore più anziano a festeggiare uno scudetto. Sarri era stato chiamato per vincere ma soprattutto per convincere. Al primo anno si è accontentato del primo step, che non è poco. Il prossimo proverà a conquistare pure lo scudetto dello spettacolo e una tifoseria che non gli perdona il passato partenopeo. «Maurizio è stato un protagonista di questo titolo. In carriera ha fatto una scalata incredibile - è l’elogio di Paratici- Ha meritato di essere l’allenatore della Juve, dopo aver fatto bene a Napoli e Chelsea» Le partite simbolo della sua stagione sono state le due vittorie sull’Inter, dove si è vista la Juve più bella (insieme al primo tempo dell’andata col Napoli). Il momento più difficile è arrivato tra dicembre e inizio febbraio, quando la Juve ha perso con Lazio, Napoli e Verona. Sarri ha tenuto la barra dritta anche nelle difficoltà, facendosi scivolare addosso le critiche. Ora insegue un sogno, la Champions. Intanto questo scudetto è tutto suo: un anno dopo l’Europa League col Chelsea è entrato nell’albo d’oro della A.
Maurizio Sarri È nato a Napoli il 10 gennaio 1959. Allena dal 1990, ma solo dal 1999 abbandona il lavoro in banca per dedicarsi esclusivamente al calcio. La sua prima esperienza tra i professionisti è alla Sangiovannese nel 2003-2004. Arriva in serie A nel 2014-2015 con l’Empoli, poi passa al Napoli dove rimane fino al 2018, anno in cui prova l’esperienza in Premier con il Chelsea, vincendo anche la scorsa Europa League. Da giugno 2019 è l’allenatore della Juventus.
La Gazzetta dello Sport CITAZIONE GdS: "Dybala e Ronaldo, duo da Oscar. L'intesa perfetta. In 2 hanno retto tutto il peso dell’attacco bianconero. Inseparabili. Dopo un anno complicato sono diventati simbiotici"
ll 10 e il 7 sono stati i protagonisti indiscussi dello scudetto delle individualità: dalla prima volta insieme contro la Spal alla doppietta decisiva di Ronaldo alla Lazio, ma con la complicità del generoso Dybala. Il destro e il mancino. Il creativo e il cinico. L’europeo e il sudamericano. L’uomo con il fisico più impressionante del calcio moderno e U Picciriddu, il piccolino, come a Palermo chiamavano Dybala. Quasi troppo giusti per essere veri, infatti a lungo sono stati giudicati incompatibili. Gli ultimi mesi però hanno cancellato tanti dubbi, così Ronaldo e Dybala, ora che tutto è finito, emergono come le due facce sullo scudetto della Juve. Tre motivi su tutti. Il primo: hanno segnato 42 volte in campionato, 31 più 11, il 56% dei gol di squadra. Lukaku e Lautaro, per capirci, sono fermi al 46%, mentre il resto della Juve ha contributo in modo… secondario: Higuain ne ha aggiunti 7, De Ligt 4, Bonucci, Pjanic e Ramsey 3. Il secondo: sono stati sempre decisivi e hanno elevato il duetto a tassa nelle prme quattro partite dopo il Covid, in cui hanno segnato regolarmente in coppia. Infine, sono un simbolo. Questo, più di altri, è lo scudetto delle individualità, dei campioni che si staccano sulla borghesia della A, sugli imprevisti di una stagione pazza e sull’incostanza degli avversari. La Juve ha vinto perché ha più campioni e nessuno, alla Juve, ha i colpi da campione più di CR7 e Dybala. Il Dybaldo è sbocciato a fine settembre, quando Sarri contro la Spal schierò Paulo e Cristiano insieme, con Ramsey trequartista. Dybala ha servito a CR7 l’assist per il 2-0, cross perfetto per una zuccata senza appello, poi lo ha chiamato per festeggiare. E’ stato il primo di una lunga serie di scambi di favore tra i due, che dopo la prima stagione vissuta insieme con Allegri, passata soprattutto a conoscersi, hanno trovato con Sarri la formula magica per la convivenza. Merito di madre natura, che li ha dotati di qualità tecniche fuori dal comune.
Dybala in stagione è diventato più maturo e ha imparato, anche da Cristiano, a gestire la pressione e a spingere sull’acceleratore quando conta. Ronaldo ha cominciato a fidarsi sempre di più del compagno, così a giugno quei due hanno preso in mano la squadra e l’hanno condotta verso il nono tricolore: dopo il lockdown hanno segnato in coppia contro Bologna, Lecce, Genoa e Torino, poi sono stati decisivi con la Lazio, quando CR7 ha fatto doppiettaePaulo, dopo una lunga corsa verso la porta, gli ha consegnato generosamente il pallone per un 2-0 facile facile. Ronaldo ha esultato ancora indicando Dybala, come per chiudere un cerchio con il gol di settembre contro la Spal: dal giorno in cui il duo ha cominciato a prendere piede alla sera in cui la Juve ha vinto lo scontro diretto grazie al 7 e al 10. Quel gesto è anche un’investitura.
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Il nuovo contratto dovrebbe elevare Paulo a icona della Juve e una sua grande Champions – di nuovo decisivo contro i più forti, come nel 2017 col Barcellona–metterebbe il timbro al progetto. Agosto in tutta fretta, prima che l’estate finisca, darà un responso anche su questo CITAZIONE Juventus, il pagellone: "Bentancur gran sorpresa, bene De Ligt. Bonucci colonna bianconera. Cuadrado terzino di palleggio è la novità. Buffon merita “648”. Dybala e CR7 i migliori"
LA SQUADRA 8 La più forte per distacco... anche per colpa degli avversari. Certo, il motore spesso ha girato in quarta, non in sesta, e a volte si è ingolfato. Brillante, forse non per caso, più nelle partite importanti che nelle domeniche di routine. Più di altre volte, è lo scudetto dei campioni. Con una citazione per, Cuadrado e 8 Bentancur, i più continui tra chi non è già un’icona.
Szczesny 8,5 Zero insufficienze gravi e parate scudetto contro l’Inter, il Milan, l’Atalanta, il Sassuolo, la Lazio. Sarà il ciuffo da bravo ragazzo ma si può dire chiaro: il più sottovalutato della rosa.
Buffon 7,5 Il record di presenze in Serie A (648...) vale l’applauso alla stagione. Non basta? Ok, parate importanti con Verona, Bologna e Udinese: sempre pronto. Male solo contro il Sassuolo, davanti al 18enne Turati. Gigi vecchio cuore.
De Sciglio 6 Stagione ordinaria, troppo ordinaria. Un infortunio qui, che non manca mai, una partita lì. In campo nove volte, sei da titolare, il suo minimo dal 2012. Anche sfortunato, questo sì: quando sembra il suo momento, con Alex Sandro fuori, si fa male di nuovo.
Cuadrado 8 La terza vita del Panita. Non più ala destra, non più mezzala, è un terzino di palleggio. Se cercate lo juventino che tocca più palloni, non allontanatevi: è lui. Meno appariscente di una volta ma costante: 25 sufficienze su 32.
Bentancur 8 In un anno da alternativa a unica garanzia del centrocampo Juve. Il più presente da mezzala, ma play scherma-tutto a marzo contro l’Inter. Per andare al prossimo livello, come nei videogiochi, più gol e meno cartellini: diventerebbe un top.
Pjanic 6,5 Un uomo con un piede a Torino, l’altro a Barcellona. In teoria il deejay della Juve, l’uomo che avrebbe dovuto mettere la musica per tutti, in realtà gioca tanto ma balla con gli altri: qualche buona serata, tante più normali. Fuori in Juve-Inter... e pesa.
Ramsey 6,5 Le panchine sono più delle partite da titolare, i rallentamenti per problemi fisici più dei gol. Un solo giorno all’altezza delle sue (grandi) possibilità, ma è il più importante: 9 marzo, Juve-Inter, gol e assist. Vale la stagione.
Khedira 5,5, Ogni volta gli dicono che è a fine corsa, ogni volta smentisce tutti. Quest’anno, però, leciti dubbi: 12 presenze, solo due volte sopra il 6, prima volta dal 2015 senza gol. Gli resta un anno di contratto, sempre che non lasci.
Matuidi 6, 5 In caso di emergenza, rompere il vetro e citofonare Blaise. Mezzala di fatica alle spalle di Ronaldo, due volte anche terzino sinistro. Lontano dal livello del 2018, però due chicche da campione: le serate migliori contro Napoli (all’andata) e Inter (al ritorno).
Danilo 6 Gli orfani di Cancelo sono inconsolabili: la magia nel piede destro non è paragonabile. Utile come alternativa a Cuadrado e, per emergenze, ad Alex Sandro. La prima scena è la migliore del film: dentro col Napoli, gol dopo 29 secondi.
De Ligt 7,5 Arti, in tutti i sensi. Biologico: fa discutere per i tanti falli di mano e lascia una spalla per la causa. Tecnico: impara in fretta le arti del difensore italiano e chiude con un gol da Lampard (in blu Chelsea). Come si dice, il cielo è il limite.
Chiellini s.v. La sintesi della stagione sembra un gioco di parole da Settimana enigmistica: i crociati, poi il crociato. Gol al Parma, infortunio e sostanzialmente addio alla stagione. I minuti con Spal e Sassuolo quasi non contano.
Bonucci 8 La fascia da capitano come bonus di energia: la riceve ad agosto e gioca per mesi al suo massimo livello. Dopo un anno di transizione, torna definitivamente colonna della Juve. Due gol pesanti, un finale così così ma conta meno.
Rugani 5,5 Sinceramente, poco di positivo da ricordare in una stagione come questa. Teorico quinto centrale, scavalcato anche da Demiral, gioca quattro partite da titolare compreso lo shock di San Siro, il 4-2 col Milan. E adesso... resta?
Demiral 6,5 Esistono stagioni da 20 partite anonime e stagioni con 5 partite significative. Barrare B. Un assist con l’Udinese, un gol alla Roma nella sera del crociato. Dall’Alanyaspor a mandare in panchina De Ligt in 12 mesi: fatto.
Alex Sandro 6,5 Possibile che il meglio siano i due assist di Samp-Juve e la combinazione gol-salvataggio sulla linea di Reggio Emilia? Mah, deludente. Si guadagna il voto con la costanza (24 da titolare) e la partecipazione al gioco.
Rabiot 6 Detto con un tocco di bontà: anno di apprendimento. Prima parte di stagione negativa, con l’attenuante dei mesi di inattività a Parigi, crescita estiva con qualche speranza per il futuro. Lascia un’immagine da ricordare: il gran gol al Milan.
Bernardeschi 6,5 Sblocca un’astinenza da gol da asceta: l’ultimo era a settembre 2018. Davanti alla porta decisamente male, bilancia con tanto lavoro (una causa della poca precisione?) e importanza tattica, da 10 o da ala. E’ a metà di un percorso, l’approdo non è chiaro.
Douglas Costa 6, 5 va preso così, a piccole dosi. Si assenta per nove giornate in autunno, poi torna e diventa lo specialista degli ultimi 20 minuti. In rapporto alle attese di Sarri, tra i più deludenti. Troppo fragile per essere vero.
Higuain 7,5 I gol a 32 anni a volte non si contano, si pesano. Gonzalo ne segna 7, il minimo da quando era solo il figlio del Pipa, però sono di piombo: numero su Koulibaly alla seconda, gol decisivo all’Inter all’andata, doppietta all’Atalanta. Ritrovato.
Emre Can s.v.Sarebbe “non giudicabile”, se non fosse che Sarri l’ha giudicato in fretta. Mai in campo per 90’, escluso dalla lista Champions e poi ceduto. La speranza della Juve è che Haaland non gli chieda mai come si è trovato a Torino.
I MIGLIORI:
Dybala 9 Il miglior sinistro della A. Il gol scudetto è al Louvre Il più spettacolare. Un abbonamento al reparto dolci: caramelle per tutti da settembre a luglio. In estate diventa uomo, rifiuta la Premier e con Sarri si avvicina alla porta: 11 gol, almeno 5-6 vietati agli umani. Lo svolazzo con l’Inter vale la mostra dedicata al Louvre.
Ronaldo 9 Gol con tutti... tranne l’Inter E con la Samp, in ascensore. Mettiamola così: più che mettere in fila le partite con almeno un gol, guardiamo quante volte non ha segnato. Otto. Altri 31 gol, un killer all’età in cui gli altri si ritirano. I più belli? Lo stacco con l’ascensore alla Samp all’andata, il 2-0 partendo dal porto al Genoa.
Sarri 7,5 Il primo Sarri di governo, dopo una vita all’opposizione, con tanti compromessi. Un merito su tutti: la rinascita di Dybala (e un Cuadrado di possesso). Un dubbio su tutti: l’impatto, anche dialettico, sui giocatori.
GLI ALTRI:
Muratore-Olivieri, minuti simbolici E con Pinsoglio... Mandzukic, Perin e Pjaca sono stati in gruppo ma non hanno mai giocato: destino chiaro dal primo giorno. Oggi guardano questo scudetto da lontano, senza sentirlo come proprio. Diverso il caso Pinsoglio: terzo portiere, primo nella lista degli amici di spogliatoio di Ronaldo. Un cult social con una certa importanza in gruppo. Sì, ma i giovani? Due partite per Muratore, una per Olivieri. Nessun impatto per lo scudetto ma un simbolico legame con la seconda squadra.
La Gazzetta dello Sport CITAZIONE GdS: "Bandiera, amore eterno Buffon. Super Gigi è eterno: nessuno come lui. Il portiere era ritornato anche per battere record. Missione compiuta: ha il primato dei tricolori"
Il portierone della Juve era felice anche per se stesso, dopo aver aggiornato un’altra pagina dei record: nessuno ha mai vinto dieci scudetti e a questo punto i più immediati inseguitori, una lunghezza dietro, sono i suoi compagni di squadra Chiellini e Bonucci. Tutti e tre hanno sempre stappato lo champagne con la stessa maglia: un valore aggiunto che conta infinitamente nei cuori dei tifosi bianconeri, ai quali Gigi è legatissimo. Tanto è vero che dopo la parentesi al Psg, nessuno ha storto il naso nel momento in cui Buffon è ritornato alla base, entrando comunque dalla porta di servizio: è stato lui stesso a mettere subito in chiaro che il portiere titolare sarebbe stato Szczesny. Gigi ha risposato la Signora per svariati motivi: perché alla Juve è come se fosse a casa, perché ha ancora una voglia matta di giocare, perché si sente di dare ancora tanto tra i pali e per battere record che danno accesso all’immortalità sportiva. Su tutti, quello del numero di presenze di presenze in A (648), puntualmente arrivato lo scorso 4 luglio nel derby di Torino, contro cui nel marzo 2016 aveva già battuto un altro primato, quello d’imbattibilità che deteneva Sebastiano Rossi e che Gigi ha migliorato da 929 a 974 minuti. Amore eterno Quella tra Buffon e la Juve è una storia infinita e che durerà almeno un altro anno, visto che qualche settimana fa ha rinnovato (assieme a Chiellini) fino al 2021. Super Gigi ha attraversato un’epoca: è arrivato nell’estate 2001 poco più che ragazzino, seppur già affermato, ed è ancora qui dopo aver toccato gli estremi della carriera dalla gioia più grande per un calciatore (campione del mondo con la Nazionale), all’abisso della Serie B. A quel punto, era il 2006, poteva andarsene come fecero tanti suoi compagni di quella squadra che vinse due campionati di fila (poi revocati, altrimenti Gigi oggi sarebbe a quota 12). Invece rimase a Torino per fedeltà e anche per orgoglio, convinto che prima o poi si sarebbe tornato a vincere. Sognando pure quella Champions che è l’unico trofeo che manca al suo incredibile palmares.
Uomo spogliatoio Quest’ultimo scudetto, come era ovvio, è quello in cui è stato meno presente: finora sono 8 i gettoni in campionato, ma Gigi è stato uno dei punti di riferimento nei momenti più difficili, quando sono arrivate sconfitte dolorose (contro la Lazio all’andata) e cadute inaspettate (a Verona). Del resto, spesso è stato così durante il ciclo di vittorie dell’era Andrea Agnelli. Dal discorso di Reggio Emilia (nel 2015-2016) in avanti, nelle difficoltà, la Juve, si è sempre aggrappata ai suoi senatori. Perché per arpionare gli scudetti non bastano i gol di Ronaldo o le magie di Dybala: servono orgoglio, voglia di fare gruppo, fame di vittorie. E in questo Gigi ha lezioni da dare a tutti. Dall’alto di dieci scudetti.
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