| CITAZIONE COSA PENSANO A PARIGI DI COMAN E RABIOT (di Luca Momblano) 01/07/2014
Kingsley Coman e Adrien Rabiot, due francesi diversi, due parigini diversi, due giovani talenti che improvvisamente collegano le sorti di Juventus e Paris Saint-Germain, due club tornati ai rispettivi fasti del passato che fin qui sul mercato dell'ultimo biennio si sono incrociati realmente soltanto sul nome di Marco Verratti.
Il primo, esterno d'attacco moderno dal buono "strappo" nelle cavalcate verticali ma tatticamente ancora grezzo o per lo meno da verificare (con tanto da dimostrare, perché la formazione Primavera è sempre dietro l'angolo), seguito dal padre in ogni suo passo fin quando poco più che bambino è entrato a far parte del club biancorossoblù. Il secondo, più vecchio di un anno ma a ridosso di una maglia da titolare alle spalle di Thiago Motta, centrocampista centrale quasi vecchia maniera, dal fisico aitante, apparentemente passista dal piede morbido e dalle geometrie facile, perorato nelle proprie cause da una madre onnipresente, donna di discrete pressione, pressione che Rabiot sente molto anche per quella storia un po’ così, di un padre lontano per problem di salute, loro che parigini non sono e che vengono da Saint-Maurice, paese natale di un certo Delacroix (vi dice qualcosa? vi torna in mente l’Avvocato?).
Sono loro due, Coman e Rabiot, acquisito uno a parametro zero (giusto un indennizzo al PSG) da Fabio Paratici e ingolosito l'altro dalle avance bianconere (scadenza 2015), che si stanno prendendo la scena sull'asse Torino-Parigi. Ma possibile che un club come il PSG, certamente nella Top Ten europea in quanto a potenza di fuoco e gossip vario (oltre che per i recentissimi risultati sportive legati anche ai nomi di grido), lasci andare due giovani emergenti di questo profilo? Ed eventualmente, perché? Coman avete imparato a conoscerlo, nel suo piccolo, attraverso le immagini di YouTube (e anche attraverso questo articolo di Antonio Corsa pubblicato qui su Juventibus) e si tratta di sprazzi che non possono aver la pretesa di dire tutto. Ecco cosa pensano di lui all’interno dello staff tecnico parigino.
Coman è in possesso di mezzi di forza e velocità fuori dal comune, lo si percepiva anche sul campo di allenamento nel gruppo della prima squadra. Fu Carlo Ancelotti il primo ad esserne impressionato, soprattutto per la capacità del calciatore nel ribaltare il gioco palla al piede. Piuttosto, è la sua tecnica calcistica che lascia margini di dubbio. Non tanto la tecnica individuale, ma per un portatore di palla il dribbling diventa importante se è organico a quanto viene prodotto per la squadra. Ecco, Coman fa fatica ad entrare nelle dinamiche di squadra, non ha grandi tempi di scarico, impreciso negli uno-due e, come dicevano sovente i compagni più anziani, è un calciatore grezzo proprio per la difficoltà che hai nel capire cosa voglia fare con la palla nei piedi.
In breve: il lavoro su Kingsley Coman, se la descrizione corrisponderà a verità, sarà proprio quello di impadronirlo degli schemi, delle giocate combinate, del muoversi e pensare alla scelta giusta nelle singole circostanze. Il prezzo da pagare potrebbe essere quello di rimanere un corpo estraneo. Anche se chi scrive vede in Coman più un calciatore d’attacco direzione-rete che un giocatore di cucitura. Insomma, per me in prospettiva più un Gouvou che un Valbuena, tanto per capirci.
Diverso invece il discorso “parigino” a proposito di Adrien Rabiot. Un po’ perché il calciatore è ancora sotto contratto e un po’ perché viene ritenuto un indubbio talento. Con il se circa quanto riuscirà davvero ad esprimerlo e il ma circa il rinnovo che tarda ad arrivare (scadenza 2015 e parole poco tenere dell’entourage circa il progetto-PSG, società che pur dicendo di voler tornare a puntare sulla francofonia giusto un anno fa piazzava fuori il difensore Sakho al Liverpool). Su di lui il pensiero è più o meno questo:
Rabiot è un calciatore a tutto tondo. Il classico centrocampista centrale moderno che sa fare entrambe le fasi e che unisce mezzi atletici a un piede sinistro davvero ben educato. Sorprese tutti già negli ultimo due anni presso il Camp de Loges, il centro dove si svolge l’attività giovanile del PSG. Difficile pensare che il club possa perderlo, perché tutti lo vorrebbero trattenere anche se non ha ancora espresso il suo calcio con la prima squadra. E’ francese, e come tutti i francesi doc o peccano di presunzione o di eccessiva sufficienza. Lui rientra in questa seconda categoria (esempio, c’è un nuovo assetto di centrocampo da prendere in valutazione, il tecnico chiede a Verratti e Rabiot dove si vedrebbero: Verratti risponde “qui”, Rabioti “per me è uguale”), anche perché al momento sente ancora molto la pressione, ed è un peccato perché in partita non fa le cose che rimangono negli occhi come invece accade in allenamento. Noi non vorremmo perderlo, e anzi crediamo che abbia incredibili margini di miglioramento in fase offensiva essendo dotato di natura dell’ultimo passaggio.
In pratica: un centrocampista mancino che è un falso lento in virtù di una falcata stretta che gli dà equilibrio e controllo della sfera, completo, davvero difficile da bocciare (classe 1995 con 6 presenze in Champions League), già “gavettato” a Tolosa dove ha fatto sei mesi ad ottimi livelli. Normale allora che la Juventus ci provi. Normale perché il momento, se davvero ci credi, sarebbe quello propizio. CITAZIONE ANALISI TATTICA - IL VIDAL BRASILIANO (di Fabio Barcellona) 30/06/2014
Il 7 maggio scorso Arturo Vidal si sottopone ad intervento chirurgico artroscopico al menisco laterale destro. Fino al giorno precedente l’esordio del suo Cile ai mondiali, previsto per il 13 giugno, si rincorrono voci che narrano di un Arturo Vidal indisponibile per la partita con l’Australia. Perché chi ha accesso agli allenamenti vede un giocatore ancora impegnato nel recupero dall’intervento, che non si allena con gli altri e come gli altri compagni di squadra. Ma il giorno della partita Vidal è in campo e disputa 60 minuti di gioco, uscendo zoppicando.
Cinque giorni dopo il Cile gioca la partita decisiva per la sua qualificazione ai Mondiali contro la Spagna: Arturo Vidal gioca 89 minuti effettivi e, pur giocando 9 minuti in meno degli altri compagni, si piazza al secondo posto nella squadra per metri percorsi: 11239. Al primo posto il “maratoneta” Diaz, il leader assoluto in tutto il Mondiale. Ma ciò che impressiona è il numero di scatti effettuati da Vidal nei suoi 89 minuti di gioco, ben 66. Per dare correttamente l’idea del numero in questione, si consideri che nella stessa partita i giocatori che gli stanno più vicini sono lo scattista Edu Vargas con 45 scatti in appena due minuti in meno e il solito Diaz e Alexis Sanchez con, rispettivamente, 45 e 44 scatti con 9 minuti in più di gioco. Il tutto nella squadra che corre di più e scatta di più dell’intero Mondiale. Contemporaneamente, giocando a ridosso delle punte, è il giocatore, dopo il difensore Jara (i difensori spesso giocano “facile” limitandosi ad appoggiare il pallone al compagno di reparto vicino), con la percentuale più alta di passaggi andati a buon fine. Contro l’Olanda, complice anche una precedente ammonizione, Sampaoli lo lascia a riposo e si giunge all’ottavo di finale contro il Brasile, dove Vidal gioca di nuovo una partita di livello atletico elevatissimo.
Analizzando tatticamente le prestazioni di Vidal nel Cile, la prima cosa che salta all’occhio è la posizione in campo assunta nelle partite contro la Spagna ed il Brasile. Se nella prima partita Arturo gioca in posizione di mezzala sinistra nel 4-3-1-2 schierato contro l’Australia, nelle altre due partite il numero 8 della Juve occupa quella che, pur in un sistema molto elastico come quello di Sampaoli, può essere definita la posizione di trequartista nel 3-4-1-2 adottato dalla nazionale sudamericana. Come interpreta il ruolo Vidal? Per rispondere alla domanda bisogna brevemente analizzare il contesto tattico in cui muove il giocatore. Il Cile gioca un calcio assai dinamico e, per certi versi, originale. A mio parere il cuore del gioco della squadra di Sampaoli sta nella pressione che riesce a esercitare nelle fasi di non possesso palla. In fase di non possesso il Cile è estremamente mobile e prova (e riesce) a rimanere compatto giocando però su tutti i 110 metri di campo, con una mobilità orizzontale e verticale notevolissima. L’obiettivo è pressare continuamente il possessore del pallone, in ogni zona di campo, e per fare ciò è necessario che i giocatori siano costantemente vicini tra loro. E’ per questo che vedendo giocare il Cile sembra di vedere una macchia rossa compatta, costantemente in movimento in direzione della zona del pallone. Ovvio corollario di questa atteggiamento in fase di non possesso è la ricerca di transizioni offensive rapide e dirette verso la porta avversaria.
In questo contesto tattico la posizione avanzata di Vidal è funzionale ai progetti di Sampaoli che vuole sfruttare le enormi capacità di pressione del giocatore più vicino possibile alla porta contraria, per sabotare all’origine il possesso palla avversario e provare a rubare palla in posizione più avanzata possibile. Ecco quindi, ad esempio, Xabi Alonso che viene pressato dal cileno quando si abbassa tra i centrali per fare partire l’azione con la “salida lavolpiana”. Ma oltre a sfruttare le capacità di pressione in avanti di Arturo, l’idea di Sampaoli sembra essere quella di lasciare il proprio migliore giocatore nel portare pressione agli avversari, libero di attaccare il pallone seguendo il proprio incredibile istinto. Ed ecco quindi Vidal, saltata la prima linea di pressione che lo vede impegnato, ripiegare e raddoppiare su tutti gli avversari venendo da dietro e supportando l’ottimo lavoro dei compagni di squadra. In fase di possesso palla invece, escludendo quindi le fasi di transizione offensiva, il Cile gioca un calcio piuttosto verticale. Il gioco non passa molto per gli interni (infatti, dei due interni di ruolo, uno, Diaz, si abbassa per ricevere palla quasi al livello della linea difensiva, l’altro, l’ottimo Aranguiz, si inserisce continuamente in avantI), ma segue le direttrici difensori-attaccanti o passa per l’esterno da Isla a destra o Mena a sinistra. Con questo gioco piuttosto diretto il compito delle mezzapunta non è tanto quello di trovare spazio tra le linee e “legare” centrocampo e attacco, quanto quello di supportare l’attacco alla profondità degli attaccanti e giocare di sponda con gli esterni. Le capacità di Vidal lo renderebbero capace di giocare come trequartista anche la fase di possesso in un sistema più convenzionale, ma le caratteristiche del gioco di Sampaoli si sposano ottimamente a quelle della mezzapunta Vidal, non tanto giocatore che galleggia tra la difesa e il centrocampo avversario, quanto punto di riferimento mobile per tutti i compagni.
Questo Mondiale, giocato con pochissimi allenamenti sulle gambe e ad appena un mese da un intervento chirurgico al ginocchio hanno per l’ennesima volta magnificato le enormi doti di Arturo Vidal, capace di giocare da difensore centrale (vedi Genoa-Juventus di due stagioni orsono o qualche prestazione in precedenti edizioni della nazionale cilena) come da centravanti, come durante la partita contro il Brasile dopo la sostituzione della punta Edu Vargas con il centrocampista Gutierrez. Nei sistemi di gioco ipotizzati per la Juventus 2014/2015, il 3-5-2 e il 4-3-3, non è prevista la figura di trequartista. E’ quindi difficile immaginare un impiego in maglia bianconera simile a quello avuto nella sua nazionale. Di certo in campo il dinamismo, le capacità tecniche e quelle tattiche di Vidal lo portano sempre ad assumere il ruolo di “tuttocampista” con contributi fondamentali in tutte le fasi del gioco: prssione, contrasti, passaggi, gol e assist. Personalmente mi piacerebbe vederlo impiegato con continuità nel più elastico e dinamico 4-3-3 dove, se possibile, sarebbero ancora più esaltate le sue capacità totali. CITAZIONE LA MALAGESTIONE DEI DIRITTI TV (di Matteo Valsecchi) 27/06/2014
Un pasticcio? Un caos all’italiana? Una vicenda gestita male? No, un’assurdità completa. Dopo giorni di tensioni e polemiche si è conclusa la temutissima “Assegnazione dei diritti tv della Serie A”. Che è un po’ come la gara ciclistica del visconte Cobram di Fantozzi: una corsa al massacro. Partiamo dalle premesse. Quest’anno la Lega ha modificato la pacchettatura così: Pacchetto A – Migliori 8 squadre via Satellite Pacchetto B - Migliori 8 squadre via Digitale Terrestre Pacchetto C - Diritti accessori Pacchetto D - Restanti 12 squadre Pacchetto E - Web
Le offerte a) Sky fa le offerte più alte per i pacchetti A (357 milioni) e B (422). Mossa quasi obbligata. Punta all’esclusiva sulle migliori squadre di Serie A, escludendo Mediaset, perché ha perso la Champions nel triennio 2015/2018. Inoltre aggiunge 150 milioni per il pacchetto D e 15 milioni per il C.
b) Mediaset, a sua volta, ne offre 350 per il pacchetto A, 280 per il B (terza dietro anche a Fox Sports che ne ha proposti 400!!) e 306 per il D (a fronte dei 180 di Fox Sports che ha la seconda offerta anche in questo specifico pacchetto): tuttavia quest’ultima è vincolata solo alla vittoria in uno dei due pacchetti A o B. Peraltro norma non prevista dal bando. Come dovrebbe andare? Se fosse un’asta vera, non ci sarebbe partita. Sky vince sia A che B. E invece no. Dalle parti di Mediaset si dice: «Così Sky infrangerebbe la Legge Melandri sul monopolio». In parte vero. Ma un’asta è un’asta. Io posso comprarmi all’asta un auto e poi passare col rosso. Però intanto ho vinto e comunque me la devi dare. Perché acquistare i diritti, non significa necessariamente usarli. Sky potrebbe comprarli entrambi e poi rivenderne uno, rientrando nei termini di legge. Viceversa, si desse arbitrariamente a Mediaset o il pacchetto A o il B (e quindi contestualmente anche il D), verrebbe meno ai principio di «asta». Quindi muro contro muro, con certa trasferta per entrambi in tribunale. Che in tempi non facili, meglio evitare.
Com’è finita? Di fronte allo scenario di uno scontro, la Lega con la consulenza dell’Advisor Infront opta per la trattativa. E finisce così. Sky vince i diritti via Satellite delle top 8 e diritti accessori (C), Mediaset i diritti via DTT delle top 8 e delle 12 minori. Tuttavia concede queste in sublicenza alla stessa Sky che si trova così con tutta la Serie A, mentre Mediaset con solo le top 8 (le quali in ogni caso valgono l’86% di share). Ossia, più o meno, lo stesso scenario degli ultimi anni. Nelle casse delle Lega entreranno 945 milioni di euro: 572 dalla piattaforma satellitare di Rupert Murdoch, gli altri dal Biscione. Meno comunque di quanto ci fosse sul piatto qualora fosse stata rispettata la logica dell’offerta più alta che avrebbe portato 1,1 miliardi di euro.
Considerazioni finali A questo punto lo scenario è questo. Mediaset da terza nella classifica nel pacchetto B, lo vince. Sky da terza del pacchetto D, lo vince. Alla faccia di Fox Sports che era seconda in entrambe queste aste. Ciò che è fallimentare è il metodo. All’assegnazione ci si è arrivati tramite una mediazione, non tramite asta. Perché, allora, creare un bando? Che senso ha, se poi si opta per l’accordo? Per lo spettro del tribunale e di arrivare al via del campionato senza diritti assegnati? E allora a questo punto, si elimini il concetto di asta e si dica chiaramente che i diritti si definiscano in base a trattativa privata. Ora, come procedura vuole, l’intesa sarà sottoposta alle società in Lega che, di fronte al mantenimento dello status quo, non hanno teoricamente motivo per bocciarla.
PS: Il Web Ultima nota sul pacchetto web. Non sono arrivate offerte per ora. Tanti ci chiedono se la Juventus potrebbe aprirsi una propria web tv trasmettendo se stessa sul modello del Paris Saint Germain. Lo scenario, al momento, è improbabile perché il pacchetto non è scorporato squadra per squadra e quindi una società non manderebbe mai in onda le partite di tutte. Inoltre la creazione di una struttura apposita per la trasmissione delle proprie gare ha un costo e una necessità di organizzazione tale da essere inverosimile per il prossimo futuro.
PS2: Un'opinione in più. "All'italiana", cioè con le solite cattive abitudini nostrane. Il punto di vista di Andrea Sarubbi tratto da suo blog (link qui) è cosa buona da leggere per capirne ancora di più.
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